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"Certo che mi sento italiano, sono cinquant'anni che vivo in Italia: arrivai dal Cile, dove allenavo la Nazionale e stava scoppiando il colpo di stato; parlo e scrivo in italiano, anche se l'accento è ancora quello del 1973" racconta a 'Il Corriere della Sera' Dan Peterson, il mitico Coach dell'Illinois "Aggiungo, mi sento milanese: quando mi ingaggia l'Olimpia è il 1978, non mi sono più spostato a fine carriera, nel 1987; l'Unesco dovrebbe mettere il suo quartiere generale a Brera. Ritirarmi così presto è stato l'errore della mia vita, dovevo prendere tempo con la società, dato che ero stanco e un po' esaurito, ma non la volevo imprigionare. Sono passato alla pubblicità e alla tivu, in pubblicità mi hanno lasciato libero di essere me stesso, in tivu ho ripreso qualche battuta dal mondo a stelle e strisce, come il celebre - Butta la pasta, che riprende un - Fà il caffè"-
La memoria va a grandi imprese e a grandi battaglie sportive, con il paragone tra questa e la sua palla a spicchi: "Il podio dei cestisti che ho allenato? Dino Meneghin è il migliore italiano, un vincente; se c'è lui, c'è la squadra, è un esempio che tratta il veterano e il ragazzino allo stesso modo, lo chiamavo 'la locomotiva'. Se Mike D'Antoni è l'oriundo più forte, Bob Mc Adoo lo straniero più grande. I miei nemici più cari? Valerio Bianchini, ma siamo amici nella vita, Boscia Tanjevic, Arnaldo Taurisano e Sandro Gamba. Ai miei tempi si copriva di più tutto il campo, c'era meno tiro da tre, meno pick and roll e più gioco nel suo complesso; il basket lo seguo ancora e lo studio con attenzione".
Dan Peterson è ancora parecchio impegnato, tra articoli e conferenze: "Tengo conferenze su come si costruisce una squadra vincente, fa sempre effetto quando mi soffermo sul linguaggio dei segni dei nativi americani. Scrivo di sport, di politica e del sociale: non sono mai stato iscritto a un partito e non voto da vent'anni, scelgo il candidato, ma non c'è granché da scegliere. A Biden il buon senso dovrebbe consigliare di fare un passo indietro, non ne azzecca più, si confonde spesso; Trump è Mister più e Mister meno, non ha mantenuto le promesse e ha cavalcato, sbagliando, l'ondata social: si deve governare e mettere da parte l'ideologia, da cittadino a me interessano sicurezza interna, sicurezza internazionale, solidità economica e finanziaria, infrastrutture e servizi. Però sono messo meglio del Presidente, non faccio confusione con i nomi, a 87 anni sono solo un po' più lento".
Getty ImagesBologna e Milano nel cuore del coach