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Anche se battuta due volte su due, “L’Efes è una squadra che per esperienza, talento e profondità può battere chiunque. Le partite già vinte non contano, in una serie si può ribaltare qualsiasi pronostico o situazione”.
E il pronostico, stando alla classifica, dice Milano: “Veniamo da un’Eurolega ottima, tutto l’anno tra le prime quattro. Abbiamo perso qualche partita stupida e vinte altre non scontate. Seminando tanto: all’Olimpia, negli anni scorsi, vincere a Barcellona era un miracolo, ora un obiettivo. E l’approccio delle nostre avversarie è cambiato. Manca solo un trofeo per coronare il cammino”.
Vincere è un dovere? “Più che altro noi vogliamo vincere. Non sentirai mai nessuno contento di una semifinale, tutti guardano al bersaglio grosso, anche noi che non siamo i numeri uno d’Europa. Punti a cento, poi se ottieni novanta va bene. In Eurolega basta un tiro come quello di Punter l’anno scorso per cambiare tutto. Pensate a quanto ci mise il Cska per tornare a vincere, o il mio Fenerbahce, che quasi perdeva una semifinale con la sorpresa Zalgiris. L’obiettivo realistico è la Final Four. Lì tutti ci proveranno”.
Su Messina: “Ettore è come lo vedete, coerente con la sua mentalità, chiede sempre molto, l’attenzione dev’essere sempre altissima, e tu devi stare pronto, senza pensare all’errore o alla partita precedente. Se noi siamo ai vertici è perché il coach è esigente al massimo. Colgo pure l’occasione per fargli i complimenti per lo scudetto al Milan, ormai è cosa fatta…”.
Tra tutti, in spogliatoio, chi è il più ascoltato? “Non io: mi hanno fatto co-capitano perché non si fidavano a sufficienza. Non Gigi Datome, con quella barba da santone e il fare da intellettuale mal riuscito… No, il totem è Kyle Hines, per la sua carriera, per quello che dice, per come lo dice. Apre bocca e tutti zitti”.
Getty ImagesNicolo Melli