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Poi, anche troppo velocemente, ma in maniera inesorabile, questo concetto, se vogliamo, eccessivamente romantico, si è sgretolato a causa di una serie di fattori che è come si fossero “coalizzati” ,per far tornare tutto come prima. Ha iniziato la Roma a staccarsi, vittima del campo ma anche delle oramai classiche discussioni tra stampa e tifosi che, checché se ne dica, alla fine ai giocatori arrivano eccome. Ancora una volta, il popolo giallorosso ha messo in discussione il loro allenatore e anche se, Fonseca, a differenza dei suoi colleghi che l’hanno preceduto sulla stessa panchina, è sembrato patire meno le critiche, la classifica parlava da se già a fine ottobre. Poi è arrivato il momento della Juve, che ha cominciato a battere colpi a vuoto praticamente dal rinvio del match con il Napoli.
A seguire ecco quindi l’Atalanta, stupenda ma troppo incostante per pensare di vincerlo (perché no) questo campionato e poi il Napoli, stravolto dalle diatribe a distanza tra De Laurentis e Gattuso, con la squadra che ha finito con il capirci poco tanto da passare da risultati eccellenti a sconfitte sconcertanti, nel giro di pochi giorni. Per non farsi mancare nulla, a Roma, anche la Lazio ha cominciato, anche lei, lenta ed inesorabile, a battere qualche colpo a vuoto di troppo con un rapporto consolidato da anni come quello tra Lotito e Inzaghi che si è inceppato, senza mai più riprendere la retta via.
Ad un certo punto, dopo l’eliminazione da Champions ed Europa League in un colpo solo, sembrava che anche l’Inter dovesse unirsi al gruppo in difficoltà, con il Milan che, contro ogni previsione, rimaneva l’unica a tenere un ritmo da possibile fuga …per la vittoria. Tutto questo sino a Natale, quando il “normale” delle scorse stagioni, si è rifatto vivo, rispianando a livello di terra pura, la suspence che in molti andavano cercando. Rispetto al passato è cambiata la protagonista del precoce allungo (Inter al posto della Juve) ,facendoci comunque ritrovare a marzo, con due mesi ancora di campionato da giocare, con una strafavorita per lo scudetto che, in una Las Vegas spenta dal Covid, qualcuno non quota nemmeno per la vittoria finale.
Col senno di poi, davvero, la svolta nerazzurra è arrivata in quella maledetta serata con lo Shakhtar. E se è vero che alla fine, conta solo vincere qualcosa, l’Inter, con quel pareggio “suicida” si è liberata da un peso, e tutto, da lì, è cambiato. Conte ha “scoperto” Eriksen, Lautaro è tornato quello di una volta, perfetto compagno di reparto per Lukaku e Barella si è convalidato come il miglior italiano del campionato. Tre fattori tra i tanti che le hanno consentito di volare via in campionato, salutando tutti, Milan compreso.
Con la sconfitta interna con il Napoli è sfumato definitivamente anche un possibile duello tutto meneghino che molti auspicavano, e che un derby netto nel risultato ma anche nell’approccio, aveva già comunque fatto scivolare via, tra il deserto che circonda San Siro, facendoci ripiombare in una passato a cui eravamo avvezzi. Sono cambiati i colori delle righe sulle maglie, il resto no. E non ditemi che la lotta per i tre posti rimanenti per la Champions potrebbe appassionarci molto. Non scherziamo, il nocciolo, per tenere vivo un campionato di uno sport che non vuole i playoffs, è tutt’altra cosa, e manca da troppo tempo.
Guido Bagatta
Getty ImagesZlatan Ibrahimovic mentre guarda una partita del Milan