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Calcio, gli allenatori stranieri di maggiori successo in Italia

9 AGOSTO
CALCIO/SERIE A

Da Herrera a Mourinho, passando per gli svedesi Liedholm ed Eriksson, senza dimenticare Boskov e Zeman. I tecnici che hanno cambiato il calcio italiano.

SPORT TODAY

L'Italia è tradizionalmente un paese legato alle tradizioni, anche dal punto di vista calcistico. La storia in Serie A, rispetto ai campionati esteri, è caratterizzata soprattutto da tecnici italiani che hanno scritto pagine memorabili dei vari club. Anche in questo caso, però, esistono delle eccezioni: allenatori talmente completi che, pur venendo dall'estero, sono stati in grado di diventare vere e proprie leggende delle squadre di riferimento. Alcuni vincendo con una continuità disarmante, altri imponendo la propria figura, come il proprio calcio, con grande personalità.

IL BARONE NILS LIEDHOLM: ELEGANZA E TROFEI

«Guarda il Barone come sta in panchina, guardalo, lui sì che non perde il self-control neanche dopo il gol». Ve lo ricordate l'inizio del celebre film 'L'allenatore nel pallone'? Quando Mara Canà si rivolge a Oronzo sottolineando la differenza tra la classe di Liedholm e la sua? Momento iconico che celebra una figura contraddistintasi in Italia per vittorie ed eleganza.

D'altronde, Liedholm in Serie A ha fatto veramente la storia. Basti pensare che tra tutti gli allenatori stranieri è quello con il maggior numero di panchine (643). Verona, Monza, Varese, Fiorentina, ma soprattutto Roma e Milan sono le squadre che lo svedese ha allenato. È proprio tra la Capitale e Milano che ha scritto la storia del nostro calcio. I trofei parlano per lui: due Scudetti (Milan 1979 e Roma 1983) e tre Coppe Italia (tutte in giallorosso). Ma ciò che più di tutto ha caratterizzato la sua figura è l’idea innovatrice che ha portato in Italia. È proprio alla Roma, infatti, che Liedholm ribalta la visione del calcio italiano. Da un calcio incentrato su uomo e palla, si passa alla zona: una rivoluzione che porterà al calcio moderno.

Grande calciatore e grandissimo allenatore. Dall'approdo in rossonero nel 1949, l'Italia è diventata casa sua, al punto da non lasciarla più. Marito di una torinese, la contessa Maria Lucia Gabotto di Sangiovanni, è nel capoluogo piemontese che, nel 2007, è stato sepolto dopo la sua scomparsa.

SVEN GORAN ERIKSSON: DAL BARATRO GIALLOROSSO, AL PARADISO BIANCOCELESTE

Nella Capitale si hanno pareri contrastanti su Sven Goran Eriksson. I laziali lo acclamano come l'allenatore più vincente nella storia del club, i romanisti come uno dei responsabili dello scudetto perso, nel 1986, contro il Lecce già retrocesso.

La sua avventura italiana inizia nel 1984, quando sulla panchina subentra proprio a Liedholm, seppur nel ruolo di direttore tecnico. La sua esperienza giallorossa avrà durata di tre anni, l'esito? Una Coppa Italia vinta nel 1986 e quello scudetto, maledetto, perso clamorosamente nello stesso anno. Sven era laziale e ancora non lo sapeva? Il destino, che a volte appare beffardo, presto rivela i suoi piani reali.

Dopo una bella parentesi alla Sampdoria, in cui nel 1994 vince un'altra Coppa Italia, l'allenatore svedese viene chiamato da Sergio Cragnotti per guidare la Lazio più vincente di sempre. Uno scudetto, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea, altre due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane. Eriksson riscrive la storia biancoceleste. Dal baratro giallorosso, al paradiso biancoceleste: nessun allenatore a Roma ha vinto quanto lui. Eppure, anche qua, un po' di rammarico resta. Quella squadra tanto forte non è mai riuscita ad alzare l’unico trofeo che ogni bambino sogna, quella coppa con due grandi orecchie ai lati: sicuramente alla portata, forse ancora troppo importante.

HELENIO HERRERA, IL MAGO CHE VESTIVA NEROAZZURO

«Il calcio di Herrera si basava tutto sulla fiducia nei propri mezzi. Pochi concetti, ma estremamente chiari. Un lavoro psicologico martellante che oggi potrebbe apparire ridicolo, ma che poteva trasformare le sue squadre in vere e proprie macchine da guerra. Non conosceva vie di mezzo lui voleva essere amato e temuto. A chi lo accusava di arroganza, lui rispondeva candidamente che la sua unica colpa era di essere il migliore». Si esprimeva così Mario Sconcerti su Helenio Herrera, semplicemente uno dei migliori allenatori nella storia del calcio.

Soprannominato il 'Mago', è stato capace di vincere trofei in ogni club in cui ha allenato. Dalla Spagna all'Italia non ha mai fallito, rimanendo nell'anonimato - si fa per dire - solo quando era alla guida delle due nazioni nel ruolo di commissario tecnico.

In Serie A il suo nome è leggenda. Sulla panchina dell'Inter dal 1960 al 1968 ha alzato al cielo due Coppe dei Campioni, tre scudetti e, per non farsi mancare niente, due Coppe Intercontinentali.

Una Coppa Italia e una Anglo-Italiana sono il risultato, invece, di una avventura quinquennale alla guida della Roma, dal 1968 al 1973. Curiosità: nel finale della sua carriera, prima di tornare al Barcellona, ha ricoperto l'incarico di consulente del Rimini Calcio, ultima sua esperienza italiana.

Il suo calcio, basato su poche indicazioni, chiare e martellanti, è stato associato subito al 'catenaccio' italiano. Nonostante non sia lui l'inventore, sicuramente ne è stato il più grande esponente.

ZDENĚK ZEMAN, BENVENUTI A 'ZEMANLANDIA': DOVE SI GIOCA SEMPRE ALL'ATTACCO

Prendete un ex calciatore di Zeman e chiedetegli di raccontarvi dei gradoni. Inizierà a sentire la pesantezza sulle gambe e la fatica gli pervaderà tutto il corpo. D'altronde, Zeman è così. Tanto lavoro, tanta praticità, poca teoria. La sua filosofia calcistica ne è la dimostrazione: un gol più degli avversari significa vittoria, poco importa quanti se ne prendono. Attenzione, però, a non fraintendere: la fase difensiva ha la sua importanza (forse).

Più di 50 anni di carriera a divertire le proprie tifoserie e quelle avversarie, difficile fare un riassunto, più semplice selezionare un punto di partenza. Siamo nel 1989, ci troviamo a Foggia, nella seconda parentesi pugliese del Boemo. La società rossonera lo ingaggia per puntare alla promozione in Serie A ed è qui che per la prima volta Zeman propone alla perfezione il suo calcio.

Il modulo era il 4-3-3, rivisitato alla sua maniera e reso ancor più offensivo e spettacolare. Esempio concreto di calcio totale. Baricentro alto a circa 50 metri, mezzali offensive, ali di movimento che non lasciano riferimenti e regia affidata a un centrocampista centrale. Un calcio che ha portato risultati straordinari e costanti: la promozione in Serie A e le salvezze successive, al punto da sfiorare una storica qualificazione europea. Un calcio che ha iscritto Zeman tra i più grandi (non) vincenti nella storia del calcio italiano.

Divertirà anche nella doppia parentesi capitolina, prima alla Lazio, poi alla Roma. Ma è forse al Pescara che si rivedrà quel gioco tanto bello quanto efficace. Immobile e Insigne saranno i nuovi Signori e Rambaudi, Verratti sarà il regista perfetto per il suo calcio. A distanza di 17 anni, stavolta in Abruzzo, sarà ancora Zemanlandia.

VUJADIN BOSKOV, NON SOLO PAROLE: TANTI FATTI!

La storia della Sampdoria, per certi versi, si concentra tutta in sei anni: quelli che vanno dal 1986 al 1992, quando sulla panchina blucerchiata sedeva Vujadin Boskov. Celebre per le sue frasi a effetto con sfondo ironico, ancora oggi spesso rispolverate nei salotti sportivi, l'allenatore di Begec è l'artefice della più grande Sampdoria mai esistita. Un campionato, una Coppa delle Coppe, due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana sono i trofei che ha aggiunto al palmarès della Doria, che fino a poco prima vantava solo due coppe nazionali. E poteva non finire qui. Andando a cerare l'ago nel pagliaio, o magari no, l’unico grande rammarico è quella finale di Coppa dei Campioni, persa contro il Barcellona.

Il suo nome in Italia, dove ha allenato tra le tante anche Roma e Napoli, non può che essere legato a quella Sampdoria. Ai 'gemelli del gol' Mancini e Vialli, a quella squadra che, seppur per un periodo circoscritto, ha ribaltato ogni gerarchia calcistica, diventando una favola degna di essere raccontata ancora oggi.

Tra i tanti meriti di un allenatore come Boskov, c’è sicuramente quello di esser stato un vero e proprio maestro per molti tecnici che sono emersi negli anni successivi. Mancini, Vialli, sono alcuni di questi, tra i quali è impossibile non nominare Sinisa Mihajlovic. L’ex difensore della Lazio ha sempre riconosciuto in Boskov una figura paterna, un insegnante che gli ha permesso di diventare l’allenatore che è stato.

JOSÉ MOURINHO, LA CONVIZIONE DI ESSERE IL MIGLIORE

Nessuno può mettere in discussione quanto fatto da Mourinho in Italia. L'impresa più recente è stata la vittoria della Conference League con la Roma, il primo trofeo europeo (riconosciuto dalla UEFA) nella storia giallorossa. Ma niente è equiparabile a quanto visto nel 2009/2010 sulla panchina dell'Inter.

Reduce dalla vittoria dello scudetto l'anno precedente, la stagione dei neroazzurri non inizia nel migliore dei modi. La Lazio di Ballardini si impone in finale di Supercoppa Italia, riuscendo in un'impresa che si è poi rivelata ancora più grande di quanto potesse sembrare in quel momento.

Da quel capitombolo a Pechino, infatti, Mourinho diventa l'artefice di una cavalcata che mai nessuno è riuscito a eguagliare in Italia. Quella stagione è stradominata dai neroazzurri e si conclude con l'Inter che si conferma campione d'Italia, vincitrice della coppa nazionale (in finale contro la Roma), ma che soprattutto alza al cielo una straordinaria Champions League, vinta nella finale di Madrid con il Bayer Monaco grazie a un super Diego Milito. Una stagione talmente gloriosa da spingere Mourinho a dire addio alla città di Milano e, momentaneamente, anche all'Italia, lasciando come ricordo un’impresa forse irripetibile.

Il suo ritorno, a sorpresa, è fissato nel 2021 quando a Trigoria annunciano il suo arrivo al posto del connazionale Fonseca. Nei primi due anni alla Roma, la Conference è, fino a oggi, l'unico trofeo vinto da Mourinho nella sua seconda esperienza italiana, a fronte, però, di una pesante sconfitta in finale di Europa League contro il Siviglia. In attesa di ciò che gli riserverà il futuro, quel che è certo è che l'impatto di Mourinho in Italia lascia sempre il segno.

Sven-Goran Eriksson

Getty ImagesSven-Goran Eriksson

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