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Cristiano Giuntoli cuore juventino. Il football director della Juventus, in una lunga intervista a Repubblica, ha infatti raccontato il suo grande amore per il bianconero da tifoso: “Mi sento a casa. Ricordo le prime trasferte col babbo: a Firenze, attenti a non esultare, o a Bologna, dove una volta abbiamo preso l’acqua tutto il tempo, e a mia madre avevamo detto che eravamo in tribuna coperta, oppure a Pistoia, gol di Cuccureddu, Brady, Tardelli. Poi le trasferte in bus a Torino con un club di Prato. E nel ’98 guidai fino ad Amsterdam per la finale di Champions persa con il Real, gol in fuorigioco di Mijatovic, mi è rimasta qui. Il giorno dopo ero regolarmente a fare allenamento con l’Imperia”.
Il tifoso ora è dirigente ed è chiamato a delicatissimo compito: riportare la Juventus dove merita, ossia nelle primissime posizioni. Giuntoli però, un po' come Allegri, non se la sente di illudere nessuno e allora spiega: “Vincere è la cosa più importante, ma se vogliamo crescere dobbiamo analizzare le prestazioni, e questo richiede tempo. Quanto tempo? Ragioniamo sulla media distanza, ma porre un termine significa anche creare un limite, e i limiti sono per i mediocri. C’è un programma preciso condiviso dall’ad Scanavino, da Allegri, da me e da Manna: tornare in Champions. Ci serve anche per avere una vetrina in cui far crescere i nostri giovani, perché devono potersi confrontare con i più bravi in Europa. Per il nostro obiettivo dichiarato le rivali sono Atalanta, Fiorentina, Lazio, Roma. Poi ci sono Napoli, Milan e Inter che sono avanti rispetto a noi, perché il loro progetto è partito molto prima".
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