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C’è la gioia di un bambino che realizza il suo sogno dietro le parole di Novak Djokovic al termine della semifinale vinta in tre set con Lorenzo Musetti: “Wimbledon è il mio sogno da bambino: l’ho raccontato tante volte, ma è giusto ripeterlo perché a sette anni in Serbia con le bombe sopra la mia testa sognavo di essere su questo campo. Costruivo un trofeo di Wimbledon con ogni cosa che trovavo nella stanza e poi mi guardavo allo specchio in camera alzare quel trofeo. Sono molto soddisfatto di aver raggiunto la finale, ma non voglio fermarmi qui e voglio quel trofeo ancora una volta tra le mie mani”.
Impossibile, poi, non pensare all’avvicinamento problematico a questa edizione dopo l’infortunio rimediato al Roland Garros: “Sono arrivato a Londra con otto giorni di anticipo rispetto all'inizio dello Slam, ma non sapevo se avrei fatto parte di questo torneo. Ho giocato un paio di set con i più forti e mi ha fatto capire che ero in condizione di provare ad arrivare in fondo: se non avessi avvertito quella sensazione non avrei giocato il torneo ed è questa la motivazione che mi ha spinto a provarci”.
Quella di domenica sarà la finale n. 37, con 24 vittorie, in uno Slam di un campione senza tempo: “Tutti vorrebbero avere la pozione e la formula che ti consente di essere campione il più a lungo possibile. Penso che la tua vita debba essere impostata verso il tennis in ogni momento della giornata, anche quando vai a dormire e quanto tempo riposi: ogni singola decisione si ripercuote su quello che riuscirai a dare in campo”.
E, in ultimo, la rivincita con Carlos Alcaraz: “Lui è, già, un grande esempio: nonostante l'età, fa una vita bilanciata sul campo e fuori; ha sempre il sorriso e la gente lo ama. Merita di essere il 21enne più forte nella storia dello sport e vincerà tanti altri Slam, ma spero non quello di domenica. Cercherò di fare il meglio possibile per vincere questa finale”.
Getty ImagesNovak Djokovic